La natura e la sua dimensione spirituale guidano la mia ricerca personale.
Dall’osservazione del paesaggio, le forme e i colori rielaborati seguono il flusso del pensiero e delle emozioni che affiorano. Le mie opere nascono
da un dialogo con gli elementi naturali, in particolare l’acqua e la terra,intimamente legati al femminino sacro. Questa ricerca evoca un certo biomorfismo, a metà strada tra il mondo animale e umano. Spesso le forme prendono vita dopo esser state sintetizzate in figure lineari e simboliche, ricercando quella purezza originaria degli idoli che dietro un’apparente semplicità racchiudono tutta la loro forza primordiale .
I processi che mi portano alla creazione sono quelli dell’avvolgere e ricoprire, attraverso stoffe imbevute di gesso, forme naturali e misteriose. Si tratta di rievocazioni, inconsce sopravvivenze dell’arte antica quelle che cerco di far riemergere nelle mie opere e contemporaneamente preservare.
L’elemento naturale, quando è visibile nei rami e nelle cortecce, determina in parte l’esistenza dell’opera. Questa assume così in modo più diretto il carattere fragile, di deterioramento e perdita già connaturato nell’uso del gesso. Ogni elemento della natura diviene, come nelle tradizioni cosiddette pagane impregnate di animismo e nelle filosofie orientali, espressione di quella scintilla divina che permea il creato.
Nella materia informe della stoffa viene invece riscoperto dall’artista il senso di una sacralità ancestrale libera da forme e contenuti determinati e stabili ma che presenta la vita in quanto mistero, in quanto dono che si manifesta nella natura. L’accettazione del mutamento e dell’inevitabile fine, almeno quella visibile e tangibile, vengono in questo modo espresse attraverso il panneggio in cui la piega come piaga divengono allegoria della vita e della morte.
La scelta cromatica del bianco, sinonimo di purezza, è sia un riferimento alla cultura classica in quanto ideale da raggiungere, sia un processo di astrazione fisica e mentale dalla realtà. Le opere assumono così una dimensione atemporale in cui la stoffa si pietrifica e preserva, insieme all’intuizione, anche la variabilità sensibile delle cose. Immediatezza, spontaneità, senso
dell’effimero concorrono all’esigenza di recuperare la dimensione umana nelle sue forme naturali.
Biografia :
Monica Sarandrea (Roma, 1974) si forma presso La Porta Blu Art School di Roma seguendo i corsi di disegno e pittura del maestro Alberto Parres. Approfondisce lo studio della cromatica e del segno, orientandosi progressivamente verso l’astrazione. Frequenta inoltre il corso di incisione del
maestro Roberto Pace e dal 2011 inizia a dedicarsi alla scultura, prediligendo materiali quali la creta, il marmo e il gesso. Dal 2011 al 2013 partecipa a stages di scultura su marmo nell’isola di Thassos in Grecia. Dal 2006 prende parte ad esposizioni collettive, festival, rassegne di arte contemporanea in Italia e all’estero; tra queste la galleria RvB Arts, MICRO Arti Visive, Centro
Culturale Gabriella Ferri, Ex Dogana a Roma, Ca’ dei Carraresi (Treviso), Artbox Project (New York), Galerie L’Atelier (Hünibach, Svizzera), Palazzo Chigi (Ariccia), A60 Contemporary Art Space (Milano), Festival del Tempo (Sermoneta). Sue esposizioni personali si tengono a partire dal 2010
in gallerie e spazi istituzionali tra cui Il Laboratorio, Creative Room Art Gallery, Villa Corsini-Sarsina (Anzio), Palazzo Chigi (Formello), Studio Tiepolo 38 (Roma). Partecipa inoltre alle quattro ultime edizioni del RAW – Rome Art Week. Nel 2016 due sculture entrano a far parte della collezione permanente del MAAM – Museo dell’Altro e dell’Altrove, Roma. Le sue opere sono presenti in collezioni private in Italia e in Europa. Vive e lavora a Roma.
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